venerdì 17 gennaio 2014

Pantofole strette


- Ariane! Oh Ariane!
- Eh? Chi è?
- Sono la nonna Mela.
- Oh, nonnina bella, dove sei?
- In cielo, no?
- E non te lo potevi togliere il grembiule almeno in cielo?
- Io il fantale non me lo levo mai, lo sai.
- Ma a che ti serve? 
- Metti che, combinazione, devo lavare due piatti...
- Come ti trovi lì, stai bene?
- Tutto a posto.
- Potresti essere più precisa?
- No.
- Dai, raccontami. Ti hanno chiesto conto di qualcosa quando sei arrivata?
- Di cosa?
- Delle tue azioni. Ogni tanto, una storta la combinavi.
- Io? E che ho mai fatto di male io?
- Ad esempio, nonna, quella volta che sei venuta in macchina con me a casa nostra e hai voluto portare alla mamma sei galline vive, chiuse dentro uno scatolo nel cofano.
- Le galline fanno tante belle uova.
- Sì, se non muoiono durante il viaggio, come quelle sei.
- Quanto mi è dispiaciuto! Quelle belle galline.
- Poi c’è quella del pecoro Valentino.
- Il pecoro Valentino! Me l’ero dimenticato.
- Non ridere, nonnina! La storia di Valentino ci ha segnate per sempre, me e le mie sorelle. Un agnellino bianco e marrone, che il pastore aveva portato al nonno il 14 febbraio. Tu lo allattavi col biberon, lui ti seguiva dappertutto, ti stava col muso attaccato all’orlo della gonna.
- Bellino era, Valentino.
- Il Lunedì di Pasquetta ce lo siamo portato al picnic. Un dolce agnellino che gioca sul prato coi bimbi.
- Quant’era bellino, Valentino.
- Sì, bellino. Però a Ferragosto ce lo hai fatto trovare arrostito nel piatto, Valentino.
- Buono era, Valentino.
- E tu te lo sei mangiato, nonna! Dopo averlo cresciuto e nutrito! Come hai potuto?
- Era carne. Ha fatto una bella vita.
- Lassù ti hanno perdonata per i tuoi gesti di crudeltà verso gli animali?
- Quale crudeltà? Il mangiare è mangiare.
- Comunque, nonna, se lì ti fanno storie, digli che hai fatto anche tante buone azioni. Di quelle che restano nelle vite degli altri. Hai cresciuto me e le mie sorelle e ci hai insegnato a fare il pane.
- Sì.
- E ci portavi al lavatoio per lavare a mano i panni. Anche se, te lo devo confessare, nonna, io i panni li lavo in lavatrice.
- La lavatrice è per i poltroni.
- Sì nonna.
- Bisogna sapere lavorare con le mani. Non si sa mai, le epoche possono cambiare, ci può essere una guerra.
- Una guerra, sì, nonna.
- ...
- ...
- Nonna.
- Sì?
- Me la dici una cosa importante, di quelle che aiutano a capire, a superare il dolore? Cosa devo fare? Io senza di te mi sento mezza.
- Certo figlia. Ascolta.
- Sì.
- Vai alla bottega.
- Sì. 
- Compra un paio di pantofole.
- Sì.
- Strette, però.
- Strette.
- Poi buttale.
- ...
- ...
- Nonna, che significa?
- Quello che ho detto.
- Non ho capito, nonna.
- Non c’è niente da capire.
- Così però il dolore non passa.
- Il dolore non deve passare.
- Ma diminuisce, almeno?
- Certo. E’ come il pane: più lo lavori, meno duro diventa.
- E come si lavora il dolore? Coi pugni?
- Con la fatica.
- Allora faticherò.
- Ricordati di metterti il grembiule mentre lavori.
- Posso prenderne uno dei tuoi, nonna?
- Sì. Sono in cucina, nel cassetto.
- Grazie. Allora ciao, nonna.

9 commenti:

  1. ...e indossando un fantale della nonna Mela insegnerai alle tue figlie ad impastare il pane...anche quello della vita!!!
    Paperella

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  2. non ti ho mai conosciuta nonna Mela, ma mi sei simpatica....dai tanta forza ad Ariane finchè lei ti penserà sorridendo!

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  3. Lei non ha mai portato pantofole(solo in quest'ultimo periodo , ma non era lei) solo scarpe chiuse anche d'estate.

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  4. ...io sono una delle ultime persone che ha potuto regalarle una carezza...ed una delle poche che ha sentito fare gli auguri di buon compleanno, speciali direi, a Solal...buon viaggio Nonna Mela!!! Paoletta

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  5. questa cosa delle pantofole strette----perché? per capire il sollievo di non averle più? perché dire che la vita ormai le andava stretta?

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  6. complimenti, non è facile sorridere su un dolore così. FD

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  7. Bellissimo post...e te lo dice una che il dolore lo lavora molto ultimamente..come una palla di impasto....

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    1. La consolazione dovrebbe consistere nella speranza che, se l'impasto è buono, prima o poi diventi meno duro. Buon lavoro a te e a me.

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