venerdì 1 novembre 2013

Danse macabre




Dalle mie parti si dice: ogni volta che un bambino siciliano pronuncia la frase “Dolcetto o scherzetto?”, un pupo di zucchero muore. 

Voi giovani genitori terroni come me, voi arzilli quarantenni cresciuti con il sole caldo anche a novembre, voi sapete di cosa sto parlando. 

Voi che vi lamentate perché questo Allouì vi costringe all’agonia della mascherata macabra, costretti vostro malgrado a portare in giro i vostri bambini e le loro zucche vuote per suonare citofoni e ricattare la gente (“Dolcetto o scherzetto? Ti faccio un’offerta che non puoi rifiutare...”). 

Voi che da piccoli festeggiavate la notte dei morticini che portavano il carbone o i dolci di marzapane. 

Voi, proprio voi: ribellatevi! Rifiutatevi di assecondare l’esterofilia del mercato senza memoria e senza patria. 

O, almeno, se ormai lo straniero vi ha conquistati e vinti, imponete ai vostri rampolli di festeggiare anche i morticini di famiglia! 
Stanotte, mettete le scarpe dei vostri bimbi sotto il letto; apparecchiate la tavola in cucina e lasciate qualcosa di buono da mangiare, un pezzo di pane, un bicchiere di vino; chiedete ai bambini che facciano un veloce esamino di coscienza per stabilire se hanno fatto i bravi. 
Metteteli a dormire raccontando loro che questa notte, mentre faranno la nanna, verranno a trovarli i loro morticini: bisnonni in bianco e nero, vecchie zie col tuppo, soldati in divisa partiti in guerra e mai più tornati. I morticini di famiglia, parenti lontani mai conosciuti il cui ricordo non fa male, verranno a trovare i vivi nell’unica notte dell’anno in cui è loro consentito, si riposeranno dal loro lungo viaggio bevendo un sorso di vino e mangiando una noce; poi lasceranno dentro le scarpette i loro doni: giocattoli, caldarroste, frutta martorana, i dolcetti duri e farinosi come le ossa (e infatti si chiamano “ossa dei morti”), ma dolci come il miele e lo zucchero. 
E la mattina i bimbi si sveglieranno e andranno a cercare dentro le loro scarpette e i più piccoli diranno che non è giusto se loro hanno il piede piccolo, che le loro scarpe contengono meno dolci di quelle dei fratelli maggiori. E si farà colazione nominando uno per uno i morticini che sono venuti a trovarci, e la memoria familiare si rafforzerà e l’idea che veniamo da lontano e che la famiglia è un luogo che accoglie si scolpirà nella fantasia dei più piccoli. 

Come dite? Vuoi mettere il divertimento di andare in giro di sera a strafogarsi di dolci e caramelle e a suonare i campanelli senza bisogno di darsela a gambe subito dopo? 
Ma basta avere un po’ di pazienza e saper aspettare: esattamente dieci giorni. 
Poi arriverà San Martino, l’undici novembre, e si potrà girare di sera per le case dei vicini e dei parenti, a chiedere di assaggiare il vino nuovo, le castagne, le noci, i fichi secchi raccolti d’estate e messi ad asciugare sui cannizzi. Tutto senza coloranti e conservanti. Nessun ricatto meschino; nessun nome difficile da pronunciare (“Allouì”?). 
Solo la storia dolcissima di un soldato romano così buono da tagliare a metà il proprio mantello in una fredda notte autunnale per coprire le spalle di un vecchietto intirizzito...quelle storie che piacciono ai bambini e che fanno bene ai grandi. 

Questa festa di zucche col ghigno e di streghe e fantasmi borseggiatori lasciamola alle lande desolate del profondo nord, dove hanno bisogno di prendere in prestito il folklore straniero per riempire un vuoto di idee e di usanze. 
Noi di Allouì non abbiamo bisogno, perché ce l’abbiamo già: anzi, ne abbiamo ben due, crepi l’avarizia. 

Lo so, vi toccherà portarli fuori comunque, il 31 ottobre. E ci sarò anch'io, evviva la coerenza. Allora fate come me: la sera del primo novembre, tirate fuori le loro scarpette e mettetele sotto il letto. E mentre le loro palpebre si chiuderanno, raccontate le gesta dei morticini che sono già in viaggio per venirli a trovare. 
Gente simpatica, come la bisnonna Angela, capelli ricci e biondi e pelle scurita dal sole, che fece un simpatico scherzo ad una delle sue nipotine: quella volta che alla bambina proprio scappava la cacca durante la raccolta dei limoni, la fece accomodare vicino a un cespuglio di ortiche e le raccomandò: strofina bene il culetto con quest’erba morbida, vedrai come verrà pulito. 
A quei tempi sì che sapevano come divertirsi. 

2 commenti:

  1. Ho letto in ritardassimo questo tuo bel post sennò avrei davvero colto volentieri l'occasione per inserire i morticini tra le nostre ricorrenze... Mio padre mi ricordava tradizioni simili in Puglia ma sposando una ligure e producendo figlie in Emilia Romagna la tradizione ahimè s'è persa.... Ne ho già parlato con mio marito (abruzzese, giusto per mischiare ancora un po' d'Italia.... ;-)) e l'anno prossimo non mancherò! Devo sinceramente ammettere però che per noi non mancherà nemmeno Alloui, le bimbe si divertono a travestirsi ed io a pasticciare con loro in cucina. Forse davvero perché non ho avuto tradizioni profonde in famiglia, ora mi piace raccoglierne più possibile da far vivere alle mie figlie, e da vivere con loro ovviamente. Grazie per avermi ricordato (e chiarito con dettagli) questa. Deedlit
    Ps: nostra figlia maggiore porta il nome della tua bisnonna (che era poi il nome di mio padre...) ma confido farà scherzi meno crudeli... ;-)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Guarda, Allouì ovviamente non è eludibile, nemmeno per me. Io però sono per il sincretismo culturale: meglio una festa in più che una in meno! Una mia amica abruzzese mi ha detto che da lei festeggiano i morti che "ricorrono": una corsa tra defunti...ma forse scherzava?

      Elimina

Ogni volta che qualcuno visita questo blog senza lasciare un commento, da qualche parte, sulla Terra, un calzino resta spaiato. Aiutami ad evitare questo scempio.